giovedì 23 aprile 2009

'u zu Mecciu, di Alessandra Carella


La cuntava mio padre che gliela cuntava ‘u zu Masi che faceva ‘u curatolo nei giardini di me nonno e che era ‘u patri ri me patri.
Dice che c’era un solachianeddu che aggiustava le scarpe, che di nome faceva Mecciu, ma che tutto il paese suo e pure quelli vicini lo chiamavano zu Mecciu per forma di rispetto.
Era un omiceddu nicu nicu di statura, con un bel paio di baffi, siccu siccu come ‘na sarda liccata, tanto poviro quanto fàvusu.

Santa, di Letizia Porcaro

“Signore, ti pare giusto!? Ti pare giusto!?”
Ho sognato mia zia Maria, la zia zitella di mia nonna.
L’ho sognata come quando ero bambina.
Infilava la mano nella tasca del vestito, che ‘sta volta era bianco, e tirava fuori la sua collezione di santini. E mi chiamava, a me, proprio a me:
“Cretina vieni qua. Vieni qua. Brava sei stata!”